La prossima generazione di vaccini anti-COVID


IL PRESENTE

I ricercatori e iproduttori di vaccini stanno monitorando la durata della protezione immunitaria generata negli individui da vaccini anti-COVID attualmente in uso, mentre combattono contro le varianti in cerca di più soluzioni, indipendentemente dal futuro andamento della pandemia. La ricerca sui vaccini, in passato di solito in secondo piano e con progressi lenti, dall’anno scorso ha conquistato la corsia preferenziale. L’emergere, in meno di un anno, di dozzine di vaccini candidati anti – COVID è un segno straordinario del fatto che “per molto tempo in futuro avremo a disposizione una straordinaria “cassetta degli attrezzi” da usare per combattere le malattie infettive”, dicono gli scienziati.

CONSERVAZIONE DEI VACCINI

I problemi della fornitura continuativa e delle scorte di vaccini secondo le esigenze sono stati i primi a dover essere affrontati. Qualunque cosa che possa rendere i vaccini indipendenti dalla cosiddetta catena del freddo – cioè la necessità di congelamento a bassissima temperatura e di refrigerazione profonda in generale – è una priorità. La possibilità di disporre di vaccini conservabili a temperatura ambiente ne aumenterebbe l’accessibilità in quelle parti del mondo dove la conservazione a freddo è difficile/impossibile da ottenere. I vaccini a mRNA, come Pfizer e Moderna, sono i più sensibili alla temperatura: guardando semplicemente una mappa delle zone del globo dove questi vaccini sono distribuiti, si capisce subito quali Paesi possono offrire la catena del freddo. Le compagnie che producono questi vaccini stanno lavorando a diverse nuove formulazioni stabili a temperatura ambiente. I vaccini a vettore virale, come AstraZeneca e Johnson & Johnson, si possono conservare a temperatura da frigorifero, il che li rende più maneggevoli. Probabilmente, miglioramenti nelle esigenze di conservazione dei diversi vaccini arriveranno prima che ce ne accorgiamo, dato che tutti i produttori ci stanno lavorando.

LIMITAZIONE DEGLI EFFETTI COLLATERALI DEI VACCINI

Con il progressivo allargamento della vaccinazione nella popolazione e il ridimensionamento della minaccia di morte da COVID, una delle priorità sarà minimizzare gli effetti collaterali. Se il virus diventasse endemico, circolando a bassi livelli, nessuno vorrebbe perdere un giorno o due di lavoro a causa di questi. Coloro che hanno ricevuto almeno una dose delle due previste dai vaccini a mRNA probabilmente conoscono gli effetti avversi: stanchezza, dolore al braccio, febbre, dolori muscolari e brividi, direttamente collegati al mRNA presente nei vaccini. Ottimizzare la dose potrebbe diminuire gli effetti collaterali, senza alterarne l’efficacia.

I vaccini a mRNA messaggero auto-replicante attualmente in sviluppo contengono molti antigeni in grado di stimolare una forte risposta immunitaria, pur infettando un minor numero di cellule. Essi, infatti, contengono meno RNA cui però è stata aggiunta una proteina che ne aumenta la replicazione. In definitiva, la molecola può fabbricare più copie di se stessa all’interno di meno cellule, con minori effetti collaterali. Con una risposta immune più forte, una seconda dose potrebbe persino non essere necessaria.

NUOVE VIE DI SOMMINISTRAZIONE

Alcuni nuovi candidati di prossima generazione potrebbero eliminare del tutto l’uso degli aghi: almeno sette vaccini non-iniettabili sono in via di sviluppo, tra cui una versione di AstraZeneca. Vaccini somministrabili per via nasale, per esempio, potrebbero conferire una protezione a livello delle mucose, non dovrebbero necessariamente essere somministrati da personale sanitario esperto e avrebbero il valore aggiunto di indurre formazione di anticorpi già nelle vie respiratorie, via naturale di penetrazione del virus, e quindi fermarlo prima che arrivi alle cellule target. Altri gruppi stanno studiando vaccini sotto forma di pillola o di “caramella”. In sostanza, si arriverebbe alla auto-somministrazione. Se, all’insorgere dell’epidemia, la gente avesse potuto andare in farmacia a procurarsi dei vaccini auto-somministrabili, a quest’ora il problema COVID non sussisterebbe più.

VERSO I VACCINI MULTIVALENTI

A dispetto della corsa intrapresa dallo studio dei vaccini, la battaglia è ancora lunga. Gli alti tassi di morbilità, mortalità e di residuati a lungo termine di COVID -19 hanno dato una forte spinta alla ricerca di vaccini multivalenti. Al momento, un vaccino pan-virale, il toccasana per eccellenza, resta un’utopia per molte infezioni, comprese influenza e HIV. Alcuni “vaccinologi” stanno cercando di sviluppare un vaccino che copra sia l’influenza che i coronavirus, tale cioè da permettere una singola immunizzazione contro i due virus. All’inizio della pandemia, “quando la casa era in fiamme”, ci si è focalizzati sulla proteina S (Spike) presente sui ceppi già circolanti, perché questo era il più rapido e più efficace modo di ottenere un vaccino. Ora la ricerca ha il tempo per guardare a nuovi candidati pan-coronavirus diretti contro un numero maggiore, per quanto limitato, di target e che possano essere velocemente aggiornati con l’emergere delle varianti. Questo non potrà avvenire l’anno prossimo, dicono gli scienziati coinvolti, ma tra cinque anni forse sì. Ancora più difficile è l’identificazione di una parte del virus che non muti, ma scateni ugualmente la risposta immune. Ciò non è facile, perché le parti realmente vulnerabili del virus sono scarsamente immunogeniche, o il sistema immunitario non riesce a “vederle”. Ma qualche risultato si intravede. Sono in via di sviluppo: una versione di vaccino a peptidi, che mira a diversi antigeni di COVID, e un’altra di un vaccino multivalente a due dosi, che vede l’aggiunta di antigeni di altri coronavirus per una protezione a largo spettro contro diverse specie e ceppi della famiglia.

Altro filone è quello di una combinazione di differenti vaccini in un’unica formulazione, per stimolare l’immunità con un cocktail di antigeni. Questa ricerca coinvolge ambedue i produttori, Pfizer ed AstraZeneca. Per i soli vaccini a mRNA si potrebbe pensare a un cocktail contenente sequenze multiple di RNA che codificano per segmenti diversi del virus.

QUANTA PROTEZIONE È NECESSARIA?

Non sappiamo se ci sono determinate soglie di anticorpi al di sopra delle quali la protezione è garantita. Questa strategia delle soglie è stata usata per il vaccino antipolio, e alcuni studi clinici suggeriscono che anche per COVID potrebbe essere identificato un target di livello anticorpale. L’identificazione di una soglia sarebbe molto utile per decidere sulla necessità di richiami. Non sappiamo quale livello di anticorpi si debba raggiungere, ma sappiamo che la seconda dose aumenta di molto l’immunità. È possibile che sia sufficiente una unica dose se si raggiunge quel titolo di anticorpi che si è dimostrato protettivo?

Queste le domande che insorgono ogni giorno, le difficoltà che si devono superare, le porte che si possono aprire.

Riferimenti

Emily Willingham. Next-Generation COVID Vaccines Have Many Different Targets. Medscape, Apr 19, 2021. https://www.medscape.com/viewarticle/949501