Personaggi come John Snow o Florence Nightingale hanno contrassegnato il progresso medico in ambito epidemiologico. Il primo, nel 1854, ha scoperto che l’origine dell’epidemia di colera di Londra era una pompa dell’acqua, mentre il contributo che Florence Nightingale ha dato per la cura dei soldati nella guerra di Crimea hanno rivoluzionato l’igiene medica, trasformando gli ospedali da crogioli di infezione a santuari di guarigione. Eppure le storie di singoli innovatori ignorano molte fonti chiave della conoscenza medica, specie nell’ambito delle malattie infettive.
Jim Downs attraverso il suo libro “Maladies of Empire: How Colonialism, Slavery, and War Transformed Medicine”, ha voluto riesaminare le basi della medicina moderna, dimostrando che lo studio dell’epidemiologia delle malattie infettive è dipeso in modo cruciale da contributi di soggetti non consenzienti e “non riconosciuti”: soldati, persone schiavizzate e sudditi dell’impero. Piantagioni, navi negriere e campi di battaglia erano i laboratori in cui si è arrivati a comprendere la diffusione delle malattie. I medici militari hanno appreso l’importanza della qualità dell’aria monitorando gli africani confinati sul fondo delle navi negriere. Nei territori dominati dalla Gran Bretagna, gli statistici hanno potuto tracciare le epidemie di colera sorvegliando i musulmani di ritorno dal loro pellegrinaggio annuale.
Qual è la tesi sostenuta dall’Autore?
L’Autore sostiene che è dall’intreccio di imperialismo, schiavitù e guerra che possiamo rintracciare gli inizi del moderno pensiero epidemiologico. La sua tesi principale è che in tutto il mondo furono i corpi di persone ridotte in schiavitù ed espropriate di tutto ad essere utilizzati per studiare distribuzione, diffusione e controllo delle malattie “Parte della storia dell’origine dell’epidemiologia è stata trascurata perché è il risultato dello studio su persone, la maggior parte di colore, che hanno sofferto guerra, schiavitù e imperialismo in Africa, Caraibi, India, e Medio Oriente”.
L’espansione in tutto il mondo delle frontiere imperiali e degli impegni militari ha permesso la creazione di grandi burocrazie, con la concomitante possibilità di raccolta e trasmissione di dati sulla diffusione di malattie in popolazioni sottomesse. I registri medici mostrano come per le indagini e il tracciamento di infezioni siano state utilizzate interviste, e che tali informazioni provenivano da popolazioni in stato di prigionia e/o sottomesse, nello specifico carceri, navi negriere, piantagioni e ospedali militari.
A quali episodi, in particolare, è fatto riferimento?
- Intrigante e nello stesso tempo inquietante è il resoconto sul vaiolo: nel 1860, durante la guerra civile americana, bambini ridotti in schiavitù furono usati per coltivare il vaccino contro il vaiolo. La guerra aveva creato difficoltà nella sua produzione e, sebbene inizialmente tale materiale fosse ottenuto da soldati vaccinati, si ricercarono nuove fonti onde evitare il rischio di trasmissione involontaria di malattie (per esempio, la sifilide). Per tutto il tempo che negli Stati Confederati è rimasta in vigore la schiavitù, neonati e bambini neri sono stati sfruttati per questo scopo. Scrive Downs: “Dal punto di vista epidemiologico, la schiavitù ha creato un ambiente costruito che ha permesso di confinare nelle piantagioni centinaia di bambini neri che potevano essere facilmente utilizzati per produrre materiale vaccinale“. Schiavitù e guerre hanno pertanto fornito opportunità per conoscere gli effetti della vaccinazione e sviluppare teorie sulla diffusione dei contagi: il tutto a spese di popolazioni soggiogate, e loro figli.
- Altro aspetto riguarda l’impossibilità di ricostruire il dramma delle popolazioni sottomesse. E’ citato l’episodio relativo al chirurgo navale scozzese James Ormiston McWilliam che, nel 1845, si recò a Boa Vista, Capo Verde, in cerca di prove che potessero spiegare come l’epidemia di febbre gialla si fosse verificata dopo l’arrivo della nave britannica HMS Eclair. McWilliam intervistò i sopravvissuti alla malattia, tra cui schiavi africani, soldati neri e braccianti. I loro resoconti hanno permesso di conoscere come si fosse diffusa la febbre gialla, come tale malattia fosse contagiosa e come fosse stata proprio la nave Eclair a portare la malattia sull’isola. Purtroppo, attraverso tali resoconti non ci è dato conoscere quale sia stato il costo in termine di sofferenza umana. Non vi è “alcuna possibilità di catturare un’incrinatura nella voce, un silenzio momentaneo, le lacrime agli occhi, un’interruzione nella narrazione”.
- Dare una connotazione razzista a determinate malattie, probabilmente ha la stessa origine. La riformatrice vittoriana Florence Nightingale riteneva che, in luoghi come l’India, l’ambiente costruito fosse fonte di malattie infettive. Se lo stereotipo razzista dell’India come Paese “sporco” era onnipresente nei suoi resoconti, tuttavia riconosceva che una corretta gestione sanitaria avrebbe potuto modificare la contagiosità del popolo indiano.
- Nel pensiero epidemiologico americano, a differenza di quello britannico, “il razzismo scientifico è diventato una metrica per studiare le malattie infettive”. Medici dell’esercito dell’Unione, affiliati alla Commissione Sanitaria degli Stati Uniti (USSC) creata durante la guerra civile americana, erano dell’opinione che la fonte della malattia risiedesse nel paziente. Osservando grandi gruppi di soldati neri, effettuando autopsie sui loro corpi e utilizzando le reti USSC poterono sviluppare e promuovere idee razziste sulla trasmissione di malattie: si sosteneva che soldati neri fossero più suscettibili a malattie polmonari, come la tubercolosi, a causa di polmoni presumibilmente “deboli”.
- In sostanza, i medici hanno incolpato le stesse truppe nere per i loro problemi polmonari e non tanto condizioni come alloggio, abbigliamento e altre inadeguate condizioni di vita che sperimentarono soldati di colore durante i conflitti militari. A guerra conclusa, grazie all’autorevolezza di USSC, teorie razziste sulla malattia e sull’inferiorità dei neri hanno guadagnato credibilità scientifica. L’insistenza di USSC sulla raccolta di dati razzializzati è uno dei motivi per cui epidemiologi e specialisti di salute pubblica, per comprendere la diffusione delle malattie, creano statistiche che classificano gli esseri umani in categorie che tengono conto della razza.
Maladies of Empire è un promemoria illuminante sul fatto che il progresso delle conoscenze mediche sulle malattie infettive non sarebbe stato possibile senza la sofferenza di persone di colore. Il libro getta luce sulle fondamenta violente di interventi di controllo delle malattie e di iniziative di salute pubblica, e nel contempo sostiene che nel presente sia doveroso affrontare tali disuguaglianze.
In un momento in cui i Paesi a basso e medio reddito lottano per l’accesso ai vaccini anti COVID-19, simile sforzo non potrebbe essere più urgente.
Riferimenti
Raghav Kishore . How imperialism, slavery, and war shaped epidemiology. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)02216-9/fulltext
Jim Downs. Maladies of Empire: How Colonialism, Slavery, and War Transformed Medicine. Harvard University Press, 2021