Nel mese di giugno US Preventive Services Task Force, organizzazione indipendente di esperti in prevenzione e medicina basata sull’evidenza, ha emanato una Raccomandazione del tutto nuova, riguardante lo screening sui disturbi d’ansia.
Si tratta di condizioni relative alla salute mentale, di frequente riscontro, caratterizzate da paura sproporzionata e costante per eventi quotidiani, accompagnata a manifestazioni comportamentali e somatiche (ad es. irrequietezza, affaticamento, problemi di concentrazione, irritabilità e disturbi del sonno). Comprendono: il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo d’ansia sociale, il disturbo di panico, l’agorafobia, fobie specifiche, il disturbo d’ansia da separazione, il mutismo selettivo, l’ansia indotta da sostanze/farmaci, il disturbo d’ansia dovuto ad altra condizione medica e ansia non altrimenti specificata. Sono condizioni ad andamento cronico, caratterizzate da periodi di remissione e di recidiva; è tuttavia possibile che possa verificarsi un recupero completo.
Secondo dati USA raccolti negli anni 2001-2002, il disturbo d’ansia generalizzato avrebbe una prevalenza del 26% e del 40%, rispettivamente, negli uomini e nelle donne; in gravidanza varierebbe dal 8,5% al 10,5%, e nel post partum dal 4, 4% al 10,8%.
Tipicamente, i disturbi d’ansia hanno esordio durante l’infanzia e l’adolescenza (età media, 11 anni). La prevalenza diminuisce nell’età adulta, ed è più bassa tra gli adulti di età compresa tra 65 e 79 anni. Comportano effetti nel lungo termine che comprendono ridotta qualità della vita e dell’agire quotidiano, ma anche notevoli costi economici.
Quali persone sono a maggior rischio?
Tra le principali cause dei disturbi d’ansia sono compresi fattori sociodemografici e psicosociali, fattori correlati a salute fisica e mentale, eventi di vita stressanti, fumo e uso di alcol, storia famigliare di disturbi mentali. Tassi più elevati si ritrovano in soggetti di basso status socioeconomico e nel sesso femminile; persone di colore sono a maggior rischio a causa di fattori sociali, più che di tipo biologico. Disturbi d’ansia e depressivi spesso si sovrappongono.
Gruppi da tenere in considerazione per lo screening includono:
- Persone con sintomi rilevanti, quali attacchi di panico, preoccupazioni persistenti, paure irrazionali o sintomi fisici legati all’ansia
- Individui con precedente diagnosi di disturbo d’ansia o storia di episodi ricorrenti
- Donne in gravidanza e post-partum: in tali periodi è maggiore la vulnerabilità agli stati d’ansia.
- Pazienti con malattie croniche o altre condizioni mediche
- Popolazione giovanile. I giovani possono essere soggetti a disturbi d’ansia, spesso con sintomi diversi dagli adulti. Lo screening in età pediatrica può aiutare ad individuare e ad intervenire precocemente per migliorare il benessere emotivo.
- Contesti specifici. Soggetti esposti a situazioni particolari, come stress prolungato, traumi o eventi di vita particolarmente negativi.
Quali test sono utilizzati per lo screening?
Indagini mirate a identificare stati d’ansia dovrebbero essere effettuate da professionisti qualificati, come medici, psicologi e psichiatri, utilizzando strumenti validati. Obiettivo è individuare persone a rischio o con sintomi sospetti, affinché possano ricevere un trattamento adeguato.
Alcuni strumenti di valutazione sono:
- GAD-7 (Generalized Anxiety Disorder 7-Item Scale. https://www.hiv.uw.edu/page/mental-health-screening/gad-7 ). Si tratta di un questionario composto da sette domande, con opzioni di risposta che misurano frequenza e intensità dei sintomi. Il punteggio totale aiuta a identificare presenza e gravità del disturbo d’ansia.
- HAM-A (Hamilton Anxiety Rating Scale https://www.mdcalc.com/calc/1843/hamilton-anxiety-scale ) Lo strumento, utilizzato dal clinico, permette di valutare sintomi soggettivi e oggettivi correlati all’ansia.
- BAI (Beck Anxiety Inventory. https://res.cloudinary.com/dpmykpsih/image/upload/great-plains-health-site-358/media/1087/anxiety.pdf ). E’ un questionario d’uso frequente, anche per autovalutazione, comprendente 21 domande relative a sintomi d’ansia.
- PHQ-9 (Patient Health Questionnaire-9 . https://www.hiv.uw.edu/page/mental-health-screening/phq-9). Il questionario è principalmente utilizzato per valutare la depressione, ma comprende anche una domanda sull’ansia (PHQ-9 Item 9). Un punteggio elevato su tale item può suggerire la presenza di stato d’ansia.
- STAI (State-Trait Anxiety Inventory). Lo strumento identifica stati d’ansia “persistenti” (trait anxiety) e “momentanei” (state anxiety). Si usa per differenziare l’ansia cronica da quella transitoria.
- LSAS (Liebowitz Social Anxiety Scale https://nationalsocialanxietycenter.com/liebowitz-sa-scale/ ). Lo strumento è specificamente utilizzato per misurare paura e ansia in situazioni sociali.
Effettuato lo screening ed identificato il disturbo d’ansia, il medico deve indirizzare il paziente a Servizi di Salute Mentale, affinché possa ricevere un idoneo trattamento. Negli USA, si è stimato che solo la metà delle persone con diagnosi positiva riceve assistenza sanitaria adeguata. Barriere al trattamento sono rappresentate da mancanza di connessione tra Servizi di Salute Mentale e Medicina di base, esitazione del paziente ad iniziare il trattamento, mancata aderenza ai farmaci e alla psicoterapia e, non ultimo, fattori socio economici: la disparità di ricchezza può comportare ostacoli nell’accesso ai Servizi e, di conseguenza, anche alle cure.
Che fare per il trattamento?
Ogni strumento utilizzato per lo screening possiede vantaggi e limiti; la scelta dipende dal contesto clinico, dai sintomi del paziente e dalle preferenze dello specialista di Salute Mentale. L’utilizzo aiuta a ottenere una valutazione accurata e a definire la scelta terapeutica.
Il trattamento comprende la psicoterapia (es. la terapia cognitivo comportamentale, interpersonale, familiare, e di accettazione e impegno) e la farmacoterapia (es. antistaminici, β-bloccanti, farmaci anticonvulsivanti e benzodiazepine). Il trattamento dell’ansia può includere anche tecniche di rilassamento e desensibilizzazione sistematica. Inoltre, sono stati sviluppati interventi terapeutici trans diagnostici da utilizzare con pazienti affetti contemporaneamente da disturbi d’ansia e da depressione; tale approccio tende a superare le diagnosi categoriche esistenti, offrendo un sistema di trattamento più ampio, meno legato a criteri diagnostici.
Relativamente al periodo perinatale, è spesso problematico per il medico decidere, sulla base di benefici e rischi, se trattare la donna in gravidanza o durante l’allattamento.
A chi è raccomandato lo screening per i disturbi d’ansia?
USPSTF raccomanda lo screening in tutti gli adulti di età inferiore a 65 anni, comprese le donne in gravidanza o nel post partum, indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio. Alcuni devono mettere in allerta: storia famigliare di malattia mentale, presenza nel paziente di altra malattia mentale, circostanze stressanti della vita, stato maritale (vedovanza o divorzio), abuso di alcolici o dipendenza da fumo di tabacco, sesso femminile. Meno chiara è la necessità di screening nell’anziano, in cui la scelta è lasciata alla discrezione del medico curante. Non è noto ogni quanto tempo debba esser ripetuto lo screening: un approccio pragmatico potrebbe essere quello di considerare fattori di rischio del paziente, presenza di malattie concomitanti o di particolari eventi della vita. In gravidanza e nel periodo post partum la ricerca del disturbo d’ansia dovrà avere una scadenza periodica.
Riferimenti
USPSTF. Final Recommendation Statement. Anxiety Disorders in Adults: Screening. https://www.uspreventiveservicestaskforce.org/uspstf/recommendation/anxiety-adults-screening
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