Ogni giorno, mentre ci chiediamo se fare le scale o prendere l’ascensore, se uscire a fare una passeggiata o rimanere sul divano, potremmo stare – senza saperlo –decidendo qualcosa di molto importante: il futuro della nostra memoria.
Sappiamo ormai da anni che uno stile di vita attivo protegge cuore, muscoli e ossa. Ma cosa succede al nostro cervello mentre camminiamo, pedaliamo o facciamo ginnastica dolce? Una recente e sofisticata ricerca pubblicata a gennaio 2025 sulla rivista eBioMedicine (gruppo The Lancet) ci fornisce nuovi elementi su questa domanda. E ci racconta una storia sorprendente: l’attività fisica non solo fa bene alla mente, ma potrebbe persino contrastare gli effetti dei geni che ci rendono più vulnerabili all’Alzheimer.
Quando il DNA non è destino
Tra i tanti studi che cercano di capire come prevenire l’Alzheimer – la forma più comune di demenza – uno dei filoni più affascinanti riguarda il gene APOE. Esistono diverse varianti di questo gene: in particolare, chi possiede la forma chiamata APOE-ε4 ha un rischio molto più alto di sviluppare la malattia. Si stima che le persone con due copie di questa variante abbiano un rischio fino a dieci volte superiore rispetto a chi non la possiede.
Tuttavia, e qui sta la parte incoraggiante, non tutti i portatori di questo gene si ammalano. Cosa protegge allora chi, pur avendo una predisposizione genetica, riesce a mantenere il cervello in buona salute? Secondo gli autori dello studio, uno dei fattori chiave potrebbe essere proprio l’attività fisica.
Una palestra per il cervello
Nel nuovo studio, condotto da ricercatori dell’Università del Maryland, è stato fatto qualcosa di molto particolare: sono state ricreate in laboratorio delle cellule di cervello umano – in particolare, quelle che formano la barriera ematoencefalica, cioè lo scudo protettivo che filtra ciò che entra e esce dal cervello – a partire da cellule staminali con diversi genotipi APOE. Queste cellule sono state poi esposte al siero prelevato da adulti sani di età compresa tra i 65 e gli 80 anni, prima e dopo sei mesi di attività fisica strutturata.
Lo scopo era capire se, e in che modo, il movimento potesse modificare il comportamento delle cellule cerebrali. I risultati sono stati sorprendenti: il siero “allenato” aveva un effetto positivo sul metabolismo delle cellule cerebrali, ma la risposta dipendeva dal genotipo. In particolare, le cellule con il gene APOE-ε3 (la forma “non a rischio”) miglioravano nettamente la loro funzionalità dopo esposizione al siero post-esercizio. Le cellule con il gene APOE-ε4, invece, mostravano un effetto più debole o addirittura opposto.
Il ruolo della sirtuina-1: una molecola al centro del cervello che invecchia
Una delle scoperte più interessanti riguarda una molecola chiamata SIRT1, una sorta di “guardiano” cellulare che regola il metabolismo e protegge le cellule dall’invecchiamento e dallo stress. Le cellule cerebrali con APOE-ε4 avevano livelli significativamente più bassi di SIRT1, mentre l’esercizio fisico aumentava questa proteina solo nelle cellule con APOE-ε3. In altre parole: il beneficio dell’attività fisica esiste, ma non è uniforme per tutti.
Tuttavia, questo non significa che le persone con APOE-ε4 non traggano vantaggio dall’attività fisica. Anzi. Lo studio suggerisce che i benefici dell’esercizio fisico sono complessi e probabilmente coinvolgono molti altri segnali e meccanismi, ancora in parte da scoprire. Sappiamo già, per esempio, che muoversi aumenta il flusso sanguigno cerebrale, riduce l’atrofia dell’ippocampo, migliora la plasticità neuronale e stimola la produzione di molecole neuroprotettive come il BDNF (Fattore Neurotrofico Cerebrale).
Più movimento, più protezione: una raccomandazione che vale per tutti
L’aspetto più importante di questa ricerca è rafforzare un concetto fondamentale della medicina preventiva: non possiamo scegliere i nostri geni, ma possiamo scegliere i nostri comportamenti. Anche in presenza di una predisposizione genetica, l’attività fisica regolare resta uno degli strumenti più potenti e accessibili per prendersi cura della propria salute mentale.
E non servono maratone o programmi sportivi faticosi. Lo studio si è basato su un allenamento moderato e progressivo, adattato all’età e alle condizioni dei partecipanti: anche solo camminare ogni giorno, fare ginnastica dolce, salire le scale, ballare, può fare la differenza. L’importante è farlo con costanza.
In conclusione
Questa ricerca ci ricorda che il cervello non è un organo passivo, destinato a perdere colpi con l’età. Al contrario, è un organo vivo, sensibile, che risponde agli stimoli positivi del nostro stile di vita. Tra questi, l’attività fisica si conferma come uno dei più potenti.
Muoversi, quindi, è molto più di una scelta di forma fisica. È una scelta di salute. E forse, anche un piccolo gesto quotidiano contro la perdita della memoria.
Riferimenti
Callie M. Weber et al. Impacts of APOE-ε4 and exercise training on brain microvascular endothelial cell barrier function and metabolism. eBioMedicine, January 2025. DOI: 10.1016/j.ebiom.2024.104058. https://www.thelancet.com/journals/ebiom/article/PIIS2352-3964(24)00523-1/fulltext?dgcid=buzzsprout_icw_podcast_generic_ebiom
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