Negli USA, la stagione influenzale di quest’anno di sembra essere la più intensa degli ultimi 15 anni. Quasi il 10% dei pazienti ambulatoriali che si presentano al medico di Medicina Generale (MMG), cerca cure per quelle che sono ufficialmente chiamate “sindromi simil-influenzali”, cioè hanno sintomi di influenza – febbre, tosse, mal di gola – che non guariscono entro 3-4 giorni. Secondo il CDC americano, potrebbe trattarsi del più alto tasso di malattia dalla stagione 2009-2010, per quanto sia difficile questo confronto. Le visite ambulatoriali per influenza o simili sembravano aver raggiunto il picco nella settimana di Natale, per poi calare nelle prime due settimane di gennaio. Ma dopo, i casi hanno incominciato di nuovo ad aumentare e, all’ultima settimana di gennaio, non era chiaro quando sarà raggiunto il picco. I dati dell’esame delle acque reflue non sono altrettanto utili per l’influenza virale che per il COVID-19, perché non si può discriminare se i marcatori del virus influenzale provengano dall’uomo o da animali. I dati epidemiologici dicono che tutti i casi sono riferibili a due ceppi specifici di influenza, chiamati influenza A(H1N1) e influenza A(H3N2). Sono stati registrai dei casi di morte sia negli adulti che nei bambini. Il tasso di vaccinazione antinfluenzale, almeno negli adulti, sembra inferiore quest’anno rispetto alla scorsa stagione.
In ITALIA, secondo i dati del monitoraggio effettuato dall’Istituto Superiore di Sanità, che ogni venerdì pubblica il rapporto Influnet, l’incidenza delle sindromi simil-influenzali nella settimana 3-9 febbraio è stata di 14,78 casi per mille, in lieve calo rispetto alla settimana precedente (16,94), valori che la definiscono come intensità media. I virus implicati sono prevalentemente di tipo A, meno della metà di tipo B. Altri virus circolanti sono RSV, Covid e rhinovirus. Nei bambini piccoli <5anni l’incidenza è decisamente più alta, pari a 37,28 per mille: nei preadolescenti scende a 19,57. Anche in Italia l’andamento stagionale ha visto un primo picco all’inizio del 2025 (17,56 per mille), poi una discesa e un nuovo picco >15 per mille nell’ultima settimana di gennaio/primi giorni di febbraio. Questo andamento è diverso da quello degli ultimi anni, caratterizzati da un picco precoce a dicembre e da un calo lento ma costante lungo tutta la stagione invernale. Il picco più alto della stagione 2023-2024, pari a !8,4 per mille, si era verificato nell’ultima settimana di dicembre, ed era anche il valore più alto di incidenza registrato in tutte le stagioni precedenti esaminate. Ricordiamo che nella stagione 2020-2021, a causa della pandemia da Covid-19 che aveva imposto strette misure di contenimento e utilizzo delle mascherine, l’influenza e le sindromi correlate sono state quasi assenti, e si sono mantenute scarsamente diffuse nella successiva stagione 2021-2022.
Considerati questi andamenti, sia negli USA che in Italia si raccomanda a tutti, dai 6 mesi in su, di vaccinarsi perché, come dicono gli esperti, “fin tanto che il virus dell’influenza continua a circolare nella comunità, non è mai tardi per farsi vaccinare”.
Riferimenti
CDC: “FluView, Weekly US Influenza Surveillance Report: Key Updates for Week 5, ending February 1, 2025. https://www.cdc.gov/fluview/index.html
ISS, RespiVirNet – Sorveglianza Integrata dei Virus Respiratori. Aggiornamento del 14 febbraio 2025. https://respivirnet.iss.it/pagine/rapportoInflunet.aspx
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