Quando più malattie convivono: cosa ci dice la genetica?
Nel mondo della salute, si parla sempre più spesso di “multimorbilità”, un termine tecnico che indica la presenza, in una stessa persona, di due o più malattie croniche (cioè che durano a lungo o non guariscono del tutto). È una condizione molto comune, soprattutto tra le persone sopra i 65 anni, tanto che si stima che entro pochi anni due anziani su tre ne saranno interessati. Le conseguenze sono pesanti: più malattie significano spesso più farmaci, più visite, più difficoltà nella vita quotidiana e un impatto forte anche sui Servizi Sanitari.
Ma cosa causa questa “accumulazione” di malattie? E perché alcune condizioni si presentano spesso insieme, come il diabete con l’ipertensione, o l’artrite con la depressione?
Un gruppo di ricercatori ha cercato di rispondere a queste domande analizzando i geni di centinaia di migliaia di persone. Il risultato è stato uno dei più grandi studi mai realizzati su questo tema.
Lo studio: cosa è stato fatto
Per capire se esistono collegamenti genetici tra le malattie croniche, i ricercatori hanno analizzato due tipi di dati:
- Dati clinici reali, provenienti da oltre 4 milioni di pazienti, di età superiore ai 65 anni, seguiti dai medici di famiglia in Regno Unito e Spagna.
- Dati genetici, ottenuti da banche dati molto ampie, come UK Biobank e FinnGen, che raccolgono informazioni sul DNA di centinaia di migliaia di persone.
Hanno selezionato 72 malattie croniche tra le più diffuse nella popolazione anziana, tra cui ipertensione, diabete, osteoartrite, depressione, anemia, insufficienza cardiaca e molte altre.
Poi hanno analizzato le 2.546 possibili coppie tra queste malattie, per verificare quali si presentino insieme più spesso di quanto ci si aspetterebbe, quali condividono una base genetica comune, e quali mostrano discrepanze tra ciò che accade nella realtà clinica e ciò che emerge dal DNA.
I risultati principali dello studio
- Molte malattie croniche hanno una base ereditaria, in quanto il DNA gioca un ruolo importante nel loro sviluppo. Ad esempio, il diabete di tipo 2 e la fibromatosi mostrano un’elevata “ereditarietà genetica”.
- Le malattie si raggruppano, e alcune tendono a presentarsi insieme. Questo accade spesso tra malattie dello stesso tipo (come quelle cardiovascolari), ma sorprendentemente anche tra condizioni molto diverse tra loro. Un esempio? Sinusite e reflusso gastroesofageo, oppure fibromialgia e asma.
- I geni ci aiutano a capire i legami. In circa sei coppie su dieci, le malattie non solo si presentano insieme nei pazienti, ma condividono anche un’origine genetica. Questo suggerisce che potrebbero esserci meccanismi comuni alla base – come un’infiammazione cronica o uno squilibrio ormonale.
- Non sempre i dati coincidono, essendoci casi in cui due malattie sono geneticamente collegate, ma non si presentano spesso insieme nella pratica clinica. Questo può succedere, ad esempio, quando una delle due condizioni è sotto diagnosticata, come la depressione nei malati cronici, oppure quando i medici non pensano a certi collegamenti.
Perché questa ricerca è importante
Lo studio può aiutare i medici e i Sistemi Sanitari a prevedere meglio chi è a rischio di sviluppare più malattie e ad intervenire prima, soprattutto se una delle due malattie è prevenibile o curabile; ad evitare trattamenti dannosi, perché alcuni farmaci per una condizione possono peggiorarne un’altra; a migliorare lo screening, perché se una malattia è spesso associata a un’altra, si può valutare di fare controlli mirati (ad esempio: se c’è anemia sideropenica, controllare il colon).
Esempi pratici. Una scoperta interessante riguarda il collegamento genetico tra diabete di tipo 2 e prolasso genitale femminile. Anche se queste due condizioni sembrano lontane, lo studio ha trovato una base genetica comune. Questo apre la strada a nuove ricerche su eventuali fattori– come il metabolismo o lo stato infiammatorio – e suggerisce che anche il peso corporeo (BMI) gioca un ruolo chiave in entrambi i casi.
Un altro esempio è il legame tra artrite reumatoide e cancro della pelle, dove è emersa una variabile genetica che potrebbe spiegare l’aumento del rischio: si tratta di un gene (CTLA4) che è anche bersaglio di farmaci usati in entrambe le condizioni.
Conclusioni e prospettive
Lo studio ci consegna un messaggio chiaro: le malattie non si sviluppano nel vuoto, e la genetica ha un ruolo importante nel modo con cui si combinano tra loro.
Per la prima volta, abbiamo a disposizione una mappa completa e interattiva che mostra come le malattie croniche tendano a comparire insieme nelle persone anziane, e quali tra queste condividano una base genetica comune. Questo è importante non solo per la ricerca, ma anche per la medicina pratica: sapere quali malattie “viaggiano in coppia” può cambiare il modo in cui i medici visitano, curano e seguono i pazienti.
Ma c’è di più. Lo studio dimostra che non sempre le malattie associate nella pratica clinica sono geneticamente collegate e, viceversa, alcune malattie geneticamente vicine non vengono diagnosticate insieme. Questo indica che c’è ancora molta strada da fare per capire meglio cosa guida l’insorgenza della multimorbilità e, soprattutto, come possiamo prevenirla o gestirla meglio.
Ecco alcune prospettive che si aprono grazie all’attuale ricerca
- Una medicina più personalizzata. In futuro, potrebbe essere possibile prevedere quali combinazioni di malattie una persona è più predisposta a sviluppare sulla base del suo DNA, e pianificare controlli e terapie su misura.
- Più attenzione alla diagnosi globale. Quando un paziente si presenta con una malattia cronica, sarà sempre più importante guardare il quadro completo, alla ricerca di altre condizioni che potrebbero essere collegate, anche se non visibili subito.
- Maggiore investimento nella prevenzione. Sapere che alcune malattie croniche sono legate da meccanismi comuni significa poter agire prima, spesso su fattori modificabili come alimentazione, diabete, ipertensione e osteoartrite.
- Nuove opportunità per i Sistemi Sanitari. Gli operatori sanitari, i medici di famiglia e gli specialisti potranno sfruttare queste informazioni per organizzare meglio le cure, ridurre le complicanze, evitare esami inutili e migliorare la qualità della vita delle persone.
- Coinvolgimento attivo dei pazienti. Comprendere come le malattie si influenzino tra loro può aiutare i pazienti ad essere più consapevoli, a partecipare in modo attivo alle decisioni terapeutiche e a prendersi cura della propria salute con strumenti più efficaci.
In conclusione, lo studio non solo arricchisce la ricerca scientifica, ma fornisce strumenti concreti per migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle persone con più malattie croniche. È un lavoro che avvicina la scienza al vissuto quotidiano delle persone, e ha il potenziale per rendere la medicina del futuro più precisa, più attenta e più umana
Riferimenti
Olivia Murrin et al. A systematic analysis of the contribution of genetics to multimorbidity and comparisons with primary care data. The Lancet, March 2025. https://www.thelancet.com/journals/ebiom/article/PIIS2352-3964(25)00028-3/fulltext
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