COVID-19. Barriere strutturali nella gestione di pazienti LGBTQ+


La pandemia COVID-19 ha colpito in modo sproporzionato comunità LGBTQ+ (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer). Movement Advancement Project, gruppo indipendente e senza scopo di lucro impegnato nell’equità della salute, ha riassunto i risultati di un sondaggio sull’impatto di COVID-19 in famiglie LGBTQ+. E’ emerso che, rispetto a popolazioni “non LGBTQ+”, è ridotto l’accesso a risorse finanziarie, mediche ed educative, vi è preoccupazione per il mantenimento del posto di lavoro in caso di contagio e vi sono ostacoli nell’assistenza medica.

Pochi studi hanno approfondito gli effetti su comunità LGBTQ+ di COVID-19. La pandemia HIV/AIDS ha ampiamento dimostrato che nei confronti di “gruppi emarginati” esiste una oppressione strutturale, oppressione che è insita nel tessuto stesso della nostra società e che coinvolge assistenza sanitaria, stabilità economica, sicurezza sociale e integrità fisica.
Gil e coll hanno cercato di approfondire dove e perché si generano tali disuguaglianze. Tra le più importanti:Disparità nella salute.Un sondaggio condotto su 13.562 persone in 138 Paesi, ha dimostrato che COVID-19 ha avuto “un impatto devastante” su comunità LGBTQ+. Molti hanno evitato cure mediche per paura di discriminazioni, si è ridotta la possibilità di effettuare test per accertare infezioni a trasmissione sessuale e di ricevere cure in caso di infezione; si è avuta difficoltà nell’ottenere terapie ormonali o effettuare procedure chirurgiche per l’affermazione di genere; si è ridotta la possibilità di ricevere terapie preventive per HIV, preservativi, autotest per accertare l’infezione

  • Disparità nella forza lavoro e socioeconomica.COVID-19 ha aumentato disoccupazione e peggiorato l’instabilità abitativa. Soggetti LGBTQ+ hanno in genere guadagni inferiori e tassi di povertà più elevati rispetto ai cisgender. Se poi sono soggetti di colore, hanno probabilità doppia rispetto a LGBTQ+ bianchi di subire discriminazioni nella ricerca di lavoro. Negli USA, secondo Human Rights Campaign Foundation, fino al 40% delle persone LGBTQ+ lavora nei settori maggiormente colpiti da pandemia, come sanità, ristorazione, istruzione e vendita al dettaglio: si tratta di lavoratori essenziali, con maggior esposizione a COVID-19, ma anche a maggior rischio di subire un taglio di orario a causa della pandemia, di perdere il lavoro o la copertura sanitaria, o di non aver accesso a un congedo retribuito in caso di malattia.
  • Conseguenze negative per senza-tetto e carcerati. Alloggi sicuri sono spesso inaccessibili a comunità LGBTQ+. Negli USA, fino al 40% dei giovani senzatetto si dichiara LGBTQ+: durante la pandemia hanno affrontato discriminazioni e violenze, e non hanno potuto avere accesso a scuole, centri comunitari, biblioteche e abitazioni su cui poter fare affidamento per la propria sicurezza fisica e psicologica.   Essere senzatetto e in stato di povertà si intreccia con l’incarcerazione di massa di comunità LGBTQ+: persone senza alloggio spesso finiscono in prigione per crimini legati al tipo di esistenza, tra cui dormire sui marciapiedi, possedere un carrello di grandi dimensioni o rovistare nella spazzatura. Parallelamente, le persone che sono state incarcerate affrontano lo stigma quando fanno domanda di lavoro o per essere accettate nelle scuole. E’ pertanto evidente come costrutti oppressivi, come l’essere senza tetto o l’essere stati in carcere, si associno a povertà, insicurezza alimentare, privazione di assistenza sanitaria, esclusione sociale e culturale.
  • Raccolta dati su soggetti “LGBTQ+”. A livello di strutture sanitarie può essere difficile la raccolta di dati demografici, per la non uniformità nell’ identificare l’orientamento sessuale e l’identità di genere (SOGI). Nella raccolta dati è necessario sia salvaguardata la privacy: divulgazioni non autorizzate di informazioni sanitarie protette espongono i pazienti a rischi sociali, tra cui stigma, violenza e perdita del lavoro. Cartelle cliniche di pazienti LGBTQ+ vengono spesso acquisite per citazioni in giudizio: dati SOGI e linguaggio che descrive il comportamento del paziente possono contribuire a pregiudizi del tribunale, con conseguenti risultati negativi per l’esistenza. La documentazione SOGI di bambini e adolescenti, accessibile a genitori/tutori, produce allarmanti abusi sui giovani e fa aumentare il numero dei senzatetto.  National Transgender Discrimination Survey riferisce che in un ambiente sanitario il 28% di transgender afferma di essere stato molestato, al 19% sono state rifiutate le cure e il 10% è stato aggredito sessualmente. Atteggiamenti anti-LGBTQ+ sono comuni, e non ci sono prove che una maggiore documentazione SOGI riduca la discriminazione da parte di chi fornisce le cure.

Sulla base di quanto emerso gli Autori esprimono alcune raccomandazioni. Ritengono indispensabile:

  • Creare ambienti medici sicuri. Tale risultato si raggiunge attraverso il rispetto del paziente, la comprensione del genere come identità distinta dal sesso assegnato alla nascita e con l’apertura al riconoscere nuove identità LGBTQ+. Operatori sanitari dovrebbero comprendere la connessione tra identità LGBTQ+ e forme di violenza strutturale (polizia, carceri, negazione del lavoro e servizi sociali) e considerare quanto i propri comportamenti possano influenzare la sicurezza del paziente.
  • Praticare un’assistenza incentrata sul paziente. Per comprendere la salute LGBTQ+ è necessario identificare quali sono le barriere di accesso all’assistenza sanitaria; gli operatori sanitari dovrebbero riconoscere eventuali lacune nell’acquisire tali informazioni, anche nell’ottica di migliorare il proprio rapporto con il paziente.
  • Rimuovere barriere di accesso alla vaccinazione e ai test COVID-19 in comunità emarginate. Vaccinazioni anti COVID-19 e test SARS-CoV-2 di routine dovrebbero essere offerti a livello comunitario e comprendere anche pazienti privi di documenti, senza una residenza o che hanno nomi, genere e indirizzi che non corrispondono a quelli segnalati in documenti governativi.
  • Garantire l’accesso a cure mediche complete indipendentemente dallo stato di immigrazione, dalla tessera sanitaria o dalle risorse finanziarie. La struttura sanitaria dovrebbe promuovere interventi di prevenzione (fornire DPI, adottare distanziamento sociale e vaccinazione), garantire il trattamento di eventuali patologie preesistenti onde prevenire l’evoluzione negativa di COVID-19 e rassicurare che, nel caso di eventi avversi secondari a vaccinazione, saranno offerte cure adeguate.
  • Trasmettere informazioni sanitarie in formato accessibile. Tra le cause principali di rifiuto del vaccino vi sono scarse conoscenze sulla sua efficacia e sui suoi effetti collaterali. Vi è preoccupazione del fatto che i risultati della vaccinazione possano differire tra specifici gruppi, oltre che tra varie etnie/razze.  Soggetti appartenenti a gruppi emarginati devono essere informati su effetti collaterali ed efficacia del vaccino. Comunicazioni scritte e infografiche dovrebbero essere offerte in più lingue. La disponibilità di assistenza medica completa (dalla prevenzione alla cura) dovrebbe essere comunicata attraverso centri comunitari, scuole, biblioteche e piattaforme di social media. Sensibilizzare attraverso i social è una strategia utile e basata sull’evidenza.

In conclusione, l’epidemia di HIV/AIDS ha messo in luce i fallimenti della Sanità nel prendersi cura in modo adeguato di pazienti LGBTQ+. COVID-19 ha continuato ad esporre a disuguaglianze mediche e sociali che è necessario riconoscere e, soprattutto, rimuovere. Le raccomandazioni di Gil e coll. mirano a garantire l’accesso alle cure, la sicurezza e l’efficace diffusione di informazioni mediche.  Aree di intervento dovrebbero prevedere l’adeguata formazione di operatori sanitari, onde eliminare quelle barriere di accesso che per decenni hanno afflitto comunità LGBTQ+. Sono anche necessarie leggi e politiche sanitarie che supportino individui e famiglie LGBTQ+; tutto ciò ricordando l’insegnamento cruciale che l’epidemia HIV/AIDS ci ha lasciato: “Niente di noi, senza di noi”, ovvero nessuna politica può essere decisa senza la rappresentanza di chi è direttamente coinvolto.

Riferimenti

Gil MR et al.  The LGBTQ+ communities and the COVID-19 pandemic: a call to break the cycle of structural barriers. The Journal of Infectious Diseases, 29 July 2021. https://doi.org/10.1093/infdis/jiab392  https://academic.oup.com/jid/advance-article/doi/10.1093/infdis/jiab392/6330600