Il puzzle del rischio di contagio


In autunno è previsto un aumento di contagi da SARS-CoV-2. Chi saranno gli untori?

Nei bambini COVID-19 si manifesta spesso in forma lieve. Questi bambini sono meno contagiosi?

Il paziente senza sintomi può trasmettere SARS-CoV-2?

Assodato che mascherina, distanziamento sociale e igiene personale sono le opzioni più praticabili per la prevenzione, ci sono tuttavia domande che richiedono risposte chiare, affinché chi governa possa progettare con maggior sicurezza la ripresa delle attività sia lavorative che scolastiche. 

In attesa di mettere insieme i tasselli del puzzle, proviamo a leggere e ad interpretare alcuni studi realizzati in Corea del Sud, Paese che è riuscito a bloccare l’epidemia al suo insorgere, grazie ad un tracciamento di contatti che coniugava epidemiologia tradizionale con analisi di grandi database.

Di seguito alcuni quesiti con possibili risposte.

In base all’età e al contesto di vita può variare la capacità di trasmettere SARS-CoV-2?

Tra il 20 gennaio e il 27 marzo 2020 sono stati analizzati 59.073 contatti di 5.706 pazienti indice COVID-19. E’ stato definito paziente indice il primo caso COVID-19 identificato e confermato in laboratorio, o il primo caso documentato in un’indagine epidemiologica all’interno di un cluster. I pazienti indice sono stati raggruppati per fascia di età, allo scopo di identificare quale fosse maggiormente responsabile della trasmissione del contagio. Inoltre, i contatti del paziente indice sono stati suddivisi in due gruppi, a seconda che fossero “ad alto rischio” (familiari di pazienti COVID-19; personale sanitario; studenti), oppure “non ad alto rischio”, vale a dire contatti non stretti e/o non prolungati nel tempo. Si è rilevato che:

  • Su 10.592 contatti appartenenti al gruppo “ad alto rischio”, l’11,8% aveva contratto COVID-19; inoltre la proporzione di contatti positivi del paziente indice è risultata del 18,6 % per la fascia 10-19 anni.
  • Dei 48.481 contatti del gruppo “non ad alto rischio”, solo l’1,9% risultava essere COVID-19: il rilevamento di contatti positivi è risultato significativamente più elevato quando l’età del paziente indice superava i 40 anni. 

I risultati dello studio confermano che il rischio di contagio è maggiore quando i contatti sono più stretti, e che la capacità di contagiare da parte di soggetti SARS-CoV-2 positivi varia in rapporto alla fascia di età: vale a dire, gli “untori” sembrerebbero più frequenti tra soggetti di giovane età.

In riferimento al problema se chiudere o meno le scuole, è ovvio che chiusura e allontanamento sociale potrebbero ridurre significativamente anche il tasso di contagiati da bambini in età scolare. E’ utile ricordare che situazioni simili si verificano durante epidemie influenzali stagionali, in cui il tasso di attacco più elevato si verifica tra bambini dell’asilo o della scuola primaria, maggiori responsabili della successiva trasmissione di virus respiratori ai membri della famiglia. Alla luce di quanto emerge dallo studio, gli autori ritengono tuttavia necessarie ulteriori prove per decidere se, in tema di salute pubblica, rappresenti un reale beneficio la chiusura della scuola come parte di strategie che mitighino gli effetti dell’epidemia.

Come si comporta la carica virale di bambini e adulti con COVID-19 “lieve” o “moderata”?

Un secondo studio, condotto tra il 23 marzo e il 27 aprile, prevedeva la ricerca di RNA virale di SARS-CoV-2 su tamponi rinofaringei di pazienti ricoverati, ambulatoriali, del pronto soccorso e di unità pediatriche.

In totale sono stati esaminati 145 pazienti con malattia “lieve” o “moderata” esordita da una settimana.

I pazienti sono stati divisi in tre gruppi, in base all’età: < 5 anni, da 5 a 18 anni e > 18 anni.

E’ risultato che i bambini più piccoli presentavano a livello del rinofaringe quantità di RNA virale molto più elevata che negli altri due gruppi, in cui peraltro i livelli erano sovrapponibili. Lo studio si è limitato alla rilevazione dell’acido nucleico virale: studi in ambito pediatrico avrebbero riportato una correlazione tra elevati livelli di acido nucleico e sviluppo di virus infettivo.

Nella popolazione generale i bambini più piccoli sono importanti trasmettitori di SARS- CoV-2, effetto già dimostrato per virus responsabili di infezione delle vie respiratorie.

In caso di allentamento delle restrizioni per il controllo dell’epidemia è reale le preoccupazione che, oltre ad inadeguati comportamenti, ambienti confinati, come la scuola o l’asilo, possano contribuire alla diffusione del contagio. Per possibili implicazioni di salute pubblica sarà pertanto importante mirare gli sforzi per arrivare ad immunizzare in tempi rapidi soprattutto la popolazione infantile.

Soggetti sintomatici e asintomatici hanno le stesse potenzialità nel trasmettere SARS-CoV-2?

Presso un Centro di Cura comunitario a Cheonan (Sud Corea), nel periodo 6 marzo – 26 marzo 2020, è stata valutata retrospettivamente una coorte di 303 pazienti COVID-19 sintomatici e asintomatici. Durante la degenza, in giorni prefissati, si è effettuata la ricerca di SARS-CoV-2 a livello del tratto respiratorio superiore o inferiore. Di seguito ciò che è emerso:

  • I pazienti con COVID-19 sintomatica sono risultati 193/303 (63%), quelli con infezione asintomatica 110/303 (36%)
  • Dei pazienti asintomatici, 21/110 (19%) hanno sviluppato sintomi durante il periodo di isolamento. In questi pazienti (definiti presintomatici) l’intervallo di tempo mediano dal rilevamento di SARS-CoV-2 all’insorgenza dei sintomi è stato di 15 giorni.
  • Al 14o e al 21o giorno di degenza è stata ripetuta la ricerca del virus a livello del tratto respiratorio: la proporzione di soggetti che aveva eliminato il virus è risultata sovrapponibile nei due gruppi. Nello specifico, in soggetti sintomatici e presintomatici la proporzione di negativizzati alla data dei due successivi test è stata 29,6% e 69,9%; in soggetti asintomatici 33,7% e 75,2%. 
  • Nei 2 gruppi, il tempo mediano dalla diagnosi alla prima conversione negativa è risultato sostanzialmente sovrapponibile: 17 giorni per i pazienti asintomatici e 19,5 giorni per i pazienti sintomatici (inclusi i presintomatici)
  • La carica virale, dal momento della diagnosi alla dimissione, tende a diminuire più lentamente in pazienti asintomatici rispetto ai sintomatici.

Poco è noto sulla contagiosità di pazienti asintomatici, anche se in letteratura è stata descritta la trasmissione di SARS-CoV-2 da una persona asintomatica a 4 membri della famiglia; esiste pertanto la possibilità biologica che tali soggetti possano diffondere il virus. Va tuttavia ricordato che la rilevazione di materiale genetico virale da cellule dell’epitelio respiratorio indica che il virus è, o è stato, presente, ma senza avere la certezza della sua reale trasmissibilità. 

In sintesi, lo studio dimostra che in pazienti sintomatici e asintomatici i tempi di eliminazione del virus sono tendenzialmente sovrapponibili e che, in questi ultimi, la carica virale sembra ridursi più lentamente. La trasmissione di SARS-CoV-2 da parte di pazienti asintomatici può essere un fattore critico nella diffusione del virus a livello comunitario: per tale motivo, di fronte ad un incremento di nuovi casi, oltre all’isolamento di soggetti asintomatici, potrebbe rendersi necessaria anche la sorveglianza attiva su tutta la popolazione.

Riferimenti

Park YJ et al. Contact Tracing during Coronavirus Disease Outbreak, South Korea, 2020. Emerging Infectious diseases. Volume 26, Number 10—October 2020 https://wwwnc.cdc.gov/eid/article/26/10/20-1315_article

Sargent TH et al . Age-Related Differences in Nasopharyngeal Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) Levels in Patients With Mild to Moderate Coronavirus Disease 2019 (COVID-19).  JAMA Pediatrics July 30, 2020. doi:10.1001/jamapediatrics.2020.36  

Lee S et al. Clinical Course and Molecular Viral Shedding Among Asymptomatic and Symptomatic Patients With SARS-CoV-2 Infection in a Community Treatment Center in the Republic of Korea. JAMA Intern Med.  August 6, 2020. doi:10.1001/jamainternmed.2020.3862