2025/03/07 Linee Guida sull’uso della Vitamina D in Prevenzione


Il ruolo della vitamina D (vitD) nel metabolismo osseo è ben noto: essa regola l’assorbimento del calcio e la produzione del paratormone, modulando il bilancio tra formazione e riassorbimento dell’osso. Numerosi studi hanno dimostrato un’associazione tra bassa concentrazione di vitamina D nel sangue e una varietà di patologie comuni, muscolo-scheletriche, metaboliche, cardiovascolari, infettive, autoimmuni e neoplastiche: evidenziando come il campo di intervento di questa vitamina sia in realtà molto più esteso e diversificato. Queste associazioni hanno portato ad una larga prescrizione empirica della vitD e ad un aumento di richieste del dosaggio di laboratorio della stessa nella popolazione generale. Inoltre, data la variabilità stagionale nella disponibilità di raggi UV e la diminuita esposizione alla luce del sole per abbigliamenti coprenti e/o scarsa permanenza all’aperto, la popolazione generale conta esclusivamente sull’assunzione orale di vitD. Siccome però i cibi ricchi in vitamina D sono scarsi (olio di fegato di merluzzo e, in percentuali molto basse, uova, burro, funghi, salmone e pesce azzurro), si ricorre alla prescrizione di vitD e/o alla supplementazione con una combinazione di cibi fortificati e integratori che la contengono.  Il legame causa-effetto tra livello di vitD e malattia rimane incerto in molte delle condizioni citate, come incerto rimane il rapporto costo-beneficio della somministrazione di vitD nella prevenzione. Recentemente l’Endocrine Society Clinical Practice Guideline ha emanato delle Linee Guida, con lo scopo di porre un limite alla supplementazione di vitD in quantità superiore a quella raccomandata dai nutrizionisti per l’apporto giornaliero, e di scoraggiare il dosaggio ematico di vitD nei soggetti in salute. Le linee guida, pubblicate sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, sono il risultato di uno studio multidisciplinare dell’associazione, con il sostegno di altre associazioni anche pediatriche e anche di altri Paesi, tra cui l’Associazione Europea di Endocronologia.

  • Bambini/adolescenti 1-18 anni, per la prevenzione del RACHITISMO e per la potenziale riduzione del rischio di infezioni respiratorie
  • Donne in gravidanza, per la riduzione del rischio di complicanze materne, fetali e neonatali
  • Adulti oltre 75 anni, per la riduzione del rischio di mortalità
  • Adulti con pre-diabete, per la riduzione del rischio di sviluppare il Diabete di tipo 2 conclamato

In questi gruppi è raccomandata la somministrazione giornaliera piuttosto che quella intermittente (una volta/settimana, una volta/mese). Il dosaggio è empirico, dedotto dai vari dosaggi utilizzati negli studi clinici alla base delle linee guida, poiché quello ottimale per questi gruppi non è noto.

Il dosaggio della vitD 25(OH)D) nel sangue come screening non è raccomandato né nella popolazione generale né nei soggetti appartenenti ai gruppi della tabella.

Infatti, secondo i trial clinici esaminati, non si possono stabilire “valori di riferimento” in base ai quali si possano individuare dosaggi associati a specifici benefici clinici.

Queste linee guida si riferiscono alla popolazione in salute, ivi compresi gli obesi e le persone di carnagione scura; non riguardano condizioni patologiche per le quali esista una chiara indicazione alla somministrazione di vitD, ad esempio l’osteoporosi.

La pubblicazione di queste linee guida ha suscitato moltissime discussioni tra gli esperti del settore, alcuni dei quali le rifiutano in blocco. Molti commenti riguardano le associazioni tra la vitD e molte patologie, dove differenti specialisti hanno verificato il benefico effetto della somministrazione sull’andamento della malattia. Costoro si chiedono: non è meglio prevenire (con uno screening della vitD) una malattia, piuttosto che curarla? Altri considerano troppo ristretta la gamma di soggetti per i quali la vitamina è raccomandata: cosa fare con i lavoratori notturni, o comunque con chi ha un accesso limitato all’esposizione solare? Per esempio, le donne che, per motivi religiosi o culturali non espongono al sole che parte della faccia? Non sarebbe opportuno fornire una supplementazione?

Quanto al dosaggio nel sangue ai fini di screening e alla mancanza di valori di riferimento, per alcuni è come affermare che il dosaggio non serve perché non si sa cosa fare dei risultati ed è, al contrario, auspicabile un impiego più ampio del dosaggio proprio per capire lo stato della vitD nei diversi contesti. Come sovente accade, ci sono coloro che insinuano un ruolo delle industrie farmaceutiche e delle compagnie di assicurazione nella formulazione delle linee guida, nel senso che il profitto in termini di denaro per la diagnosi e la cura di una malattia è maggiore rispetto alla sua prevenzione.

In conclusione: ci sono molte domande sul ruolo giocato dalla vitD in condizioni di salute e di malattia, e non tutte hanno una risposta. Ciò di cui c’è veramente bisogno sono ampi studi clinici e magari nuovi marcatori biologici, che permettano di prevedere l’esito di una malattia prima che si verifichi. Intanto si attende nel prossimo futuro la posizione della USPSTF, che nel 2018 ha emanato una raccomandazione riguardante la somministrazione di vitD per la prevenzione delle fratture degli anziani in comunità, attualmente in fase di revisione.

Riferimenti

Marie B. Demay, et al. Vitamin D for the Prevention of Disease: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, July 3 2024. https://doi.org/10.1210/clinem/dgae290

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