Lo stato dell’arte
È all’esame della conferenza Stato-Regioni il nuovo Piano Nazionale Vaccini 2023-2025 (PNPV), che va ad integrare il preesistente Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025, con lo scopo specifico di tracciare le linee della strategia vaccinale per i prossimi anni, tenendo conto dell’esperienza vissuta con l’emergenza Covid-19. Tutti gli Stati stanno elaborando un documento analogo, avendo come punto di riferimento a livello superiore
- Piano d’azione Europeo per le vaccinazioni 2015-2020 (EVAP)
- Agenda dell’OMS sull’immunizzazione 2030
- Agenda Europea dell’OMS sull’immunizzazione 2030
Obiettivi del PNPV 2023-2025
- Mantenere lo status polio-free
- Raggiungere e mantenere l’eliminazione di morbillo e rosolia
- Rafforzare la prevenzione del cancro della cervice uterina e delle altre malattie HPV correlate
- Raggiungere e mantenere le coperture vaccinali target, strutturando reti e implementando percorsi di prevenzione vaccinale
- Promuovere interventi vaccinali nei gruppi di popolazione ad alto rischio per patologia, favorendo un approccio centrato sulle esigenze del cittadino/paziente
- Ridurre le diseguaglianze e prevedere azioni per i gruppi di popolazione difficilmente raggiungibili e/o con bassa copertura vaccinale
- Completare l’informatizzazione delle anagrafi vaccinali regionali, e mettere a regime l’anagrafe vaccinale nazionale
- Migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili con la vaccinazione
- Rafforzare la comunicazione in campo vaccinale
- Promuovere nei professionisti sanitari la cultura delle vaccinazioni e la formazione in scienza della vaccinazione.
Poliomielite
Può sorprendere che il primo punto riguardi la Poliomielite, in quanto si credeva che la malattia fosse eradicata (l’Italia ha ottenuto la certificazione ufficiale di Paese libero da polio nel 2002), ma la comparsa recente di casi a New York ha reso tristemente necessaria questa inclusione. Il notevole movimento di persone da e per i Paesi in cui la malattia è ancora endemica, come Afghanistan e Pakistan, rendono anche il nostro Paese suscettibile alla minaccia di reintroduzione del virus. Un altro fattore è rappresentato dalla presenza di gruppi di popolazione suscettibili a causa dei bassi livelli di copertura vaccinale. Tali gruppi sono costituiti sia dai soggetti socialmente vulnerabili o “difficili da raggiungere”, come gli immigrati (soprattutto se privi di documenti), le diverse etnie di popolazioni nomadi (Rom, Sinti) e i soggetti senza dimora, i quali sono spesso poco integrati nella società, hanno difficoltà di accesso ai Servizi di prevenzione, e di assistenza sanitaria e sfuggono frequentemente agli interventi di prevenzione, sia dai gruppi di soggetti che rifiutano le vaccinazioni per ragioni filosofiche, ideologiche o religiose, o che comunque sono esitanti nei confronti della vaccinazione. Questi gruppi possono costituire il terreno fertile per la riaccensione di focolai epidemici di polio, in caso di reintroduzione del virus. Di conseguenza, essi possono mettere in pericolo anche la popolazione generale, qualora quest’ultima non sia adeguatamente protetta. In proposito, occorre sottolineare come nel 2020, a causa della pandemia da COVID-19, le coperture vaccinali per polio a 24 mesi siano scese al di sotto del target del 95%. La vaccinazione antipolio routinaria degli adulti non è necessaria, almeno per ora, ma può diventarlo per coloro che sono a rischio esposizione.
Morbillo e rosolia
La copertura vaccinale per morbillo, stabilita nel 2017, a seguito dell’introduzione dell’obbligo vaccinale aveva raggiunto il 94,5% della popolazione nel 2019. Tuttavia, a causa dell’impatto della pandemia di COVID-19, a partire dal 2020 si è iniziato a osservare un calo delle coperture, che si sono ridotte sia per la prima che per la seconda dose. Anche per la rosolia, nel 2021 si sono registrate coperture al di sotto della soglia attesa (95%) con tre Regioni al di sotto del 90%. È necessario, pertanto, continuare a perseguire gli obiettivi specifici già indicati nel Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015, e finalizzare l’aggiornamento del piano stesso.
HPV e tumore della cervice uterina
Il tumore della cervice uterina si conferma nel nostro Paese al quinto posto fra i tumori più frequenti nelle donne di età compresa fra 0 e 49 anni, senza contare altri tumori del distretto uro-genitale e testa-collo (orofaringe), nonché lesioni benigne ma dal notevole impatto sulla qualità della vita, come i condilomi ano-genitali. Diversi tumori del tratto anogenitale e del tratto aero-digestivo superiore negli uomini, e le loro lesioni in fase preneoplastica, sono ora noti per essere causati da infezione HPV a trasmissione sessuale. L’infezione genitale maschile da HPV è molto comune. La vaccinazione delle ragazze adolescenti è l’intervento più efficace a lungo termine per ridurre il rischio di sviluppare il carcinoma del collo dell’utero. Esistono forti evidenze che elevate coperture vaccinali contro HPV garantiscano la protezione anche degli individui non vaccinati, attraverso l’immunità di gregge.
Elementi di riorganizzazione
Tutti gli altri punti del Piano sono riferiti alle situazioni critiche emerse durante la pandemia. L’esperienza COVID ha evidenziato una disomogeneità tra le procedure, la logistica, le coperture e l’offerta vaccinale in ogni regione. Di conseguenza, oltre a raggiungere e mantenere le coperture vaccinali target degli obiettivi, il Piano è fortemente centrato anche sugli aspetti organizzativi, puntando alla riorganizzazione dei servizi creando unarete di promozione vaccinale, con la regiadei Dipartimenti di Prevenzione, tra tutti gli attori coinvolti nelle fasi di programmazione, coordinamento e monitoraggio di tutte le campagne vaccinali. Protagonisti fondamentali nelle reti di promozione vaccinale sono i Medici di Medicina Generale (MMG) e i Pediatri di Libera Scelta (PLS): i MMG per la promozione e l’erogazione delle vaccinazioni dell’adulto, con particolare riferimento al soggetto fragile per patologia, per fattori comportamentali/occupazionali o vulnerabile per condizione socioeconomica, soprattutto nel caso in cui questo non sia incluso o non sia stato adeguatamente raggiunto dalla chiamata attiva. Allo stesso modo, il PLS è la figura di riferimento nei primi anni della vita per la tutela della salute del neonato e del bambino, svolgendo un ruolo centrale nella promozione della vaccinazione per il proprio assistito e della confidenza vaccinale dei genitori e del nucleo familiare. E ancora: è impellente completare l’informatizzazione delle anagrafi vaccinali regionali e mettere a regime l’anagrafe vaccinale nazionale, migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili da vaccino, rafforzare la comunicazione in campo vaccinale e promuovere nei professionisti sanitari la cultura delle vaccinazioni e la formazione in scienza della vaccinazione.
L’esperienza COVID-19, inoltre, ha portato a piena maturazione il coinvolgimento nella rete della prevenzione vaccinale dei farmacisti e delle farmacie. È necessario che gli ambulatori vaccinali garantiscano l’offerta di servizi di qualità con il massimo della competenza professionale: per questo è indispensabile che vengano definiti degli standard organizzativi che possano ridurre possibili disuguaglianze di offerta a livello territoriale e regionale. In particolare, è auspicabile l’applicazione di un modello che assicuri capillarità dei punti vaccinali, con ampliamento del personale preposto alle vaccinazioni, semplificazione dell’accesso alle sedute vaccinali e procedure chiare per garantire l’offerta attiva delle vaccinazioni. Per questa ragione, una delle principali novità introdotte dal nuovo PNPV è la predisposizione del Calendario Vaccinale (pubblicato contestualmente) come documento distinto e svincolato dalle scadenze istituzionali e, pertanto, facilmente aggiornabile in base ai futuri scenari epidemiologici, alle evidenze scientifiche e alle innovazioni in campo biomedico. Il Nuovo Calendario, oltre a presentare l’offerta vaccinale attiva e gratuita prevista per fascia d’età, conterrà le vaccinazioni raccomandate a particolari categorie a rischio (per condizione sanitaria, per esposizione professionale, per eventi occasionali, per vulnerabilità sociali ed economiche).
Il Piano auspica che la prevenzione delle malattie infettive diventi un processo coordinato e multidisciplinare, e che i Servizi di immunizzazione lavorino in maniera coerente tra di loro e in sinergia con altri organi del Servizio sanitario, nel quadro delle linee guida internazionali sopra citate.
Particolare attenzione va dedicata alla delicata questione degli eventi avversi alla vaccinazione, veri o presunti, e alla necessità di un approccio integrato per una loro adeguata gestione, sia per la sicurezza della popolazione (laddove il rischio sia plausibile), sia per evitare strumentalizzazioni (in caso di assenza di correlazione causa-effetto) che finirebbero con il mettere in pericolo la sicurezza collettiva.
Infine, nuove emergenze infettive, cioè nuove possibili pandemie, esigono che il sistema vaccinazioni debba poter rispondere a nuove esigenze non solo con solidità, ma anche con flessibilità, integrandosi nei sistemi di preparazione e risposta alle emergenze ed in quelli di gestione complessiva della salute della popolazione.
Lo scenario in cui è stato concepito il nuovo PNPV ha per sfondo tutte le criticità che la pandemia ha drammaticamente portato alla luce, che ora rappresentano le sfide aperte per la Sanità Pubblica in ambito vaccinale. È una questione complessa, che la politica e la strategia organizzativa dovranno affrontare, partendo da un SSN devastato dalla pandemia, cercando di fornire risposte e proporre soluzioni efficaci e flessibili, nella consapevolezza dell’impossibilità di prevedere gli sviluppi futuri in termini di innovazione tecnologica, sviluppo di nuovi vaccini e malattie emergenti o riemergenti.
Modalità di vaccinazione
La risposta immunitaria alla vaccinazione ricalca la risposta immunitaria all’infezione naturale. Essa inizia poco dopo il contatto con l’antigene: durante un “periodo finestra” l’organismo mette a punto i meccanismi di produzione anticorpale, e poi dà avvio a una risposta primaria. Dopo circa una settimana si trovano già gli anticorpi IgM nel sangue del soggetto. Tuttavia, la produzione di anticorpi è molto più robusta ed efficace dopo un secondo contatto con l’antigene, la cosiddetta risposta secondaria con anticorpi IgG, destinati a perdurare nel tempo. Su queste basi biologiche, il vaccino è somministrato in due dosi distanziate di circa 3-4 settimane, mediante puntura nel muscolo deltoide della spalla. La protezione è efficace dopo circa un mese e mezzo dall’inizio del ciclo vaccinale.
Durata della protezione vaccinale
Non si sa con certezza quanto duri la protezione, perché l’arco di tempo di osservazione impiegato non è stato abbastanza lungo. Fortunatamente COVID-19 non sembra comportarsi diversamente da altri virus respiratori simili, quindi la protezione stessa dovrebbe durare circa un anno. Dati recenti parlano di una durata di 2 anni per certi vaccini.
Riferimenti
Quotidiano Sanità, 25 gennaio 2023. https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1674644535.pdf