COVID-19 ha occupato il mondo della ricerca, della informazione medica, della comunicazione in generale in modo così preponderante che altre malattie, altre epidemie, altri problemi di salute pubblica sono stati messi in ombra. Tra questi, sicuramente l’infezione da HIV, argomento che teneva banco nella medicina degli anni ’80-’90 e che, grazie alla ricerca, è passata da piaga pressoché incurabile a condizione controllabile con una pillola al giorno e riconducibile, per gli infetti, ad una vita normale.
I dati al presente
Dal primo caso di AIDS riportato nel 1981, centinaia di migliaia di persone nel mondo sono morte per complicanze dell’infezione da Virus dell’Immunodeficienza Acquisita, o HIV. Attualmente si calcola che ci siano nel mondo 34 milioni di persone HIV positive: e le diagnosi hanno continuato ad aumentare sebbene la pandemia da SARS-CoV 2 pandemia abbia sicuramente fatto sottostimare il numero dei nuovi casi. Secondo i dati USA, nel 2020 l’80% delle nuove diagnosi riguardavano soggetti maschi adolescenti e adulti, il 18% donne adolescenti e adulte. Uomini che fanno sesso con uomini hanno il più alto rischio di infezione (68%). Ci sono anche differenze razziali ed etniche, con una incidenza del 42% tra i neri, 27% e 26% rispettivamente tra gli ispanici e i bianchi. Ma non dimentichiamo il resto del mondo, in particolare i Paesi in Via di Sviluppo di cui emblematica è l’Africa. Il 69% dei positivi mondiali vive nell’Africa sub-Sahariana, pari all’incirca a 23,8 milioni di infetti in tutta l’Africa. Il 91% dei bambini HIV-positivi nel mondo vive in Africa. Più di un milione di adulti e bambini muore ogni anno di AIDS nella sola Africa.
Ma oggi l’infezione da HIV è curabile, sebbene non guaribile, e non solo: ci sono possibilità di renderlo prevenibile. Sono state sperimentate strategie efficaci di prevenzione mediante farmaci antiretrovirali, raccomandati da USPSTF (US Preventive Services Task Force) già nel 2019 che, assunti prima di comportamenti “a rischio”, possono prevenire il contagio. È questa la Profilassi Pre-Esposizione o PrEP, cui si riferisce la raccomandazione USPSTF aggiornata con nuove formulazioni di farmaci ancora più efficaci nella riduzione del rischio. PrEP consiste nell’assumere continuativamente ogni giorno per bocca una pillola, combinazione di farmaci attivi contro HIV, da parte di persone sieronegative a rischio di infezione. La raccomandazione mantiene il livello A = intervento fortemente raccomandato.
Candidati alla prevenzione
Il virus HIV si contrae principalmente per contatto sessuale o abuso di droghe iniettabili. È molto importante che i medici includano nell’anamnesi di tutti i loro pazienti domande sulla storia del loro comportamento sessuale e sull’uso di droghe, in modo aperto e senza pregiudizi. Tutti gli adulti ed adolescenti attivi sessualmente devono essere informati che il contagio da HIV può essere prevenuto, avvertiti che il rischio è legato con elevata probabilità ad atti e attività specifiche, e che è molto importante sapere se il partner sessuale o di condivisione della droga sia HIV positivo. Pertanto, sono candidati alla prevenzione le persone adulte e adolescenti HIV negative che:
- hanno rapporti sessuali con partner HIV positivo (specialmente se la carica virale non è nota riguardo la sua rilevabilità e entità)
- abbiano avuto nei 6 mesi che precedono il rapporto una Malattia Sessualmente Trasmessa (MST), come sifilide, gonorrea o clamidia per gli uomini che fanno sesso con uomini e donne transgender; sifilide e gonorrea per gli uomini e le donne eterosessuali
- abbiano una storia di non-uso sistematico o occasionale del preservativo con il/i partner, senza sapere nulla della condizione rispetto ad HIV; di sesso con più di un partner; del tipo di atti sessuali praticati; se il/i partner appartengono a gruppi ad alta prevalenza di HIV (non esclusi la prostituzione e il sesso mercenario in senso lato, cioè in cambio di qualcosa di diverso dal denaro, chiamato in inglese Transactional Sex)
- si inietti droghe o abbiano un partner HIV+ che ne fa uso, e condividano siringa e ago.
Le donne transgender hanno un rischio di contagio particolarmente alto.
Gli studi hanno dimostrato che la trasmissione di HIV a un partner siero negativo non avviene da parte di un infetto che sia in terapia antiretrovirale con soppressione documentata della carica virale. Non si sa se PrEP in questo caso riduca ulteriormente il rischio. Tenere in considerazione la stabilità o meno della soppressione nel tempo e l’aderenza del soggetto alla terapia anti-HIV può aiutare la decisione del medico di prescrivere o no PrEP.
FARMACI USATI NELLA PrEP
Per la terapia preventiva restano confermati i farmaci in associazione tenofovir + emtricitabina (TDF/FTC) in monodose giornaliera, per via orale. Attualmente si può aggiungere a questa combinazione orale il cabotegravir iniettabile, approvato da FDA americana. Si è resa disponibile anche una nuova combinazione assumibile per via orale: tenofovir alafenamide/emtricitabine (TAF/FTC). La raccomandazione di questi farmaci è relativa al comportamento sessuale, non all’uso di droghe. Tuttavia, i CDC USA ritiene probabile che anche i soggetti che si iniettano droghe possano beneficiarne, con qualunque associazione approvata da FDA. Nessuna sperimentazione di tali protocolli ha incluso donne in gravidanza, però FDA autorizza l’uso di TDF/FTC nelle gravide a rischio di contrarre HIV e anche in donne che allattano. In questo caso i potenziali benefici vanno bilanciati con i potenziali danni sul bambino.
Benefici e danni di PrEP
Per USPSTF esistono evidenze convincenti che PrEP riduce in modo sostanzioso il rischio di acquisire l’HIV nei soggetti a rischio. Esistono evidenze convincenti che l’aderenza a PrEP è altamente correlata con la sua efficacia nella prevenzione di HIV.
Quanto agli effetti negativi, esistono evidenze sufficienti che la PrEP ha scarsi effetti negativi, come problemi gastrointestinali e renali, aumento di peso e reazioni infiammatorie al sito di iniezione, secondo lo specifico protocollo impiegato.
Ulteriori considerazioni
Il primo passo per aumentare l’efficacia della PrEP è l’identificazione più accurata possibile dei soggetti a rischio che potrebbero beneficiarne, cosa non facile data la tipologia di persone e lo stigma che le accompagna. Prima di avviare la PrEP, occorre essere sicuri – mediante i test più avanzati – che il soggetto sia negativo per HIV. In aggiunta, va eseguita una serie di accertamenti generali di laboratorio (funzionalità epatica, renale ecc.). Infatti, i protocolli farmacologici impiegati da soli non sono efficaci contro il virus; anzi, il loro uso negli HIV+ può portare all’emergenza o alla selezione di varianti virali resistenti ai farmaci. Il tempo per iniziare la PrEP al fine di acquisire la protezione non è noto. Studi farmacologici suggeriscono che la massima concentrazione intracellulare di farmaci nelle cellule del sangue e del tessuto rettale sia raggiunta attorno a 7 giorni di terapia orale e, nei tessuti cervico-vaginali, dopo circa 20 giorni. Il trattamento preventivo può essere continuato finché persistono le condizioni di rischio. Se, per vari motivi, viene interrotto, può essere ripreso come se fosse la prima volta, cioè dopo tutti gli accertamenti preliminari previsti, inclusa la ricerca dell’HIV.
Le persone devono essere avvertite che la PrEP non riduce il rischio di contrarre altre MST. Per questo, la raccomandazione dell’uso costante del preservativo è una componente importante per favorire la PrEP. Il preservativo riduce il rischio di acquisire l’HIV dell’80% circa e diminuisce il rischio anche per le altre MST. Si raccomanda inoltre ai soggetti in PrEP, lo screening regolare per le MST: lo stesso, associato al test HIV, a chiunque presenti segni e sintomi.
Ci sono barriere e diseguaglianze nei confronti della PrEP, ad esempio la mancanza di assicurazione sanitaria o la resistenza individuale ad assumere il trattamento da parte dei candidati stessi, come pure fattori razziali ed etnici: negli USA, la somministrazione è 5 volte più frequente nei bianchi rispetto ai neri e agli ispanici. La copertura con PrEP è più bassa nelle donne che negli uomini, e nei ragazzi/e tra i 16 e i 24 anni rispetto a quelli con 25 anni o più. Queste disparità vanno combattute per ottenere il pieno beneficio della PrEP, attraverso la ricerca scientifica (es. nelle gravide e nelle donne che allattano), e l’intervento culturale e sociale.
Riferimenti
US Preventive Services Task Force. Final Recommendation Statement. Prevention of Acquisition of HIV: Preexposure Prophylaxis. August 22, 2023
R. Chou et al. Preexposure Prophylaxis for the Prevention of HIV. Updated Evidence Report and Systematic Review for the US Preventive Services Task Force. August 22/29, 2023. JAMA. 2023;330(8):746-763. doi:10.1001/jama.2023.9865 https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2808