Risposta al vaccino anti SARS-CoV-2 in soggetti con pneumopatia cronica


A livello globale circa 550 milioni di persone sono colpite da patologia cronica polmonare (bronco pneumopatia cronica ostruttiva, malattia polmonare interstiziale, asma severo e bronchiectasie): tale condizione è annoverata tra le più frequenti cause di morte. Numerosi studi hanno anche riportato che pazienti contagiati da SARS-CoV-2 sono ad aumentato rischio di ospedalizzazione, di ricovero in terapia intensiva e di evoluzione mortale della malattia. In questi soggetti il vaccino potrebbe avere un ruolo altamente protettivo.

Cosa è noto su questo argomento?

In una larga coorte di pazienti con malattia polmonare cronica, Harboe ZB. e coll. hanno voluto valutare quale fosse la risposta immunologica dopo 2 dosi di vaccino BNT162b2 mRNA e quali potessero essere i fattori di rischio responsabili di un’inadeguata risposta. Nel periodo gennaio – maggio 2021, hanno condotto uno studio prospettico caso- controllo (1:1), comprendente 593 pazienti con malattia polmonare cronica e altrettanti controlli selezionati tra personale sanitario. Sono stati prelevati campioni di sangue dopo 3 settimane, 2 e 6 mesi dalla prima vaccinazione, ed è stata valutata la concentrazione di anticorpi neutralizzanti il virus. Di tutti i soggetti arruolati sono state raccolte le seguenti variabili: età, sesso, presenza o meno di malattia associata, funzione polmonare, indice di massa corporea, uso di farmaci immunosoppressivi(es. cortisone) e di farmaci anti fibrotici.

Che cosa ha evidenziato lo studio?

Gli autori hanno scoperto che dopo somministrazione di due dosi di vaccino la maggior parte dei pazienti con malattia polmonare cronica è in grado di produrre risposte umorali caratterizzate da titoli elevati di anticorpi neutralizzanti. Tuttavia, dopo 2 e 6 mesi la risposta anticorpale si riduce significativamente rispetto a quanto si verifica in soggetti di controllo. Resta da dimostrare se tali livelli possano ancora offrire protezione clinica: la risposta può aversi attraverso studi epidemiologici in cui si valuti l’efficacia del vaccino nel prevenire infezione, ospedalizzazione e morte.

Circa il ruolo dei fattori di rischio si è osservato che età, presenza di comorbidità e di immunosoppressione iatrogena, compresa quella da corticosteroidi, sono associate ad insufficiente risposta anticorpale.Tali risultati sono sovrapponibili a quelli riportati in pazienti con malattia autoimmune associata a coinvolgimento polmonare e che, proprio per tale motivo, hanno maggiori probabilità di ricevere un trattamento immunosoppressivo.

Che cosa ha aggiunto questo studio a quanto era già noto?

Ad oggi non si conosceva quale risposta al vaccino potessero avere soggetti con malattia polmonare cronica. Questo studio dimostra che la riposta iniziale è sovrapponibile a quella di soggetti in buona salute, ma che dopo 2-6 mesi decade in modo significativo; di qui l’importanza della dose booster. Lo studio, inoltre, conferma come età, presenza di comorbidità e uso di immunosoppressori per via sistemica condizionano negativamente l’entità della risposta protettiva. La scelta di molti Paesi di somministrare sino a 2 dosi booster in soggetti con tali fattori di rischio ha dimostrato di essere basata su di un solido razionale

Riferimenti

RIFERIMENTI

Zitta Barrella Harboe et al. Antibody responses and risk factors associated with impaired immunological outcomes following two doses of BNT162b2 COVID-19 vaccination in patients with chronic pulmonary diseases. BMJ Open Resp Res 2022;9: e001268. doi: 10.1136/bmjresp-2022-001268 https://bmjopenrespres.bmj.com/content/9/1/e001268