Dall’avvento dei dispositivi elettronici mobili, i bambini di età compresa tra 6 e 18 mesi sono esposti allo schermo 2-3 ore di tempo al giorno. Tale durata supera di gran lunga quella raccomandata da American Academy of Pediatrics, che sconsiglia l’uso di schermi multimediali prima dei 18 mesi di età. Numerosi studi avrebbero, infatti, dimostrato che esiste un’associazione tra esposizione prolungata ed esiti cognitivi negativi; di particolare importanza sono i risultati che dimostrano associazioni tra l’uso dello schermo nella prima infanzia (da 6 mesi a 4 anni) e disturbi dell’attenzione e delle funzioni esecutive.
Le funzioni esecutive rappresentano un insieme di abilità cognitive essenziali per l’autoregolamentazione, l’apprendimento e il rendimento scolastico, nonché per la salute mentale. Si sviluppano durante i primi anni di vita insieme alla corteccia prefrontale, e sono altamente sensibili agli influssi ambientali. I bambini esposti a schermi sono particolarmente vulnerabili per la specifica difficoltà nell’elaborare informazioni su schermi bidimensionali (deficit video). Enormi risorse cognitive e di elaborazione sono infatti necessarie per la comprensione di contenuti che non siano familiari e di natura fantastica, in particolare se progettati per bambini più grandi e per adulti. L’elaborazione su percorsi sensoriali del cervello dal basso verso l’alto ha come conseguenza un’ inadeguata allocazione di risorse per l’attenzione prefrontale (dall’alto verso il basso) e per lo sviluppo tipico delle funzioni esecutive.
Studi emergenti di neuroimaging, condotti su bambini in età prescolare, hanno dimostrato associazioni tra esposizione ai media basati sullo schermo e alterazioni in tratti di sostanza bianca importanti per il funzionamento esecutivo. Ad oggi, non è chiaro se tali deficit persistano anche in età scolare. Inoltre, non si conosce quanto incidano sui processi neurali la natura e la durata del tempo trascorso davanti allo schermo.
L’elettroencefalografia (EEG) è uno strumento potente e ampiamente utilizzato per identificare i correlati neurali di varie funzioni cognitive. Takahashi I e coll. hanno utilizzato tale metodologia per verificare se esista una possibile associazione tra uso dello schermo all’età di 12 mesi e segnali neurali espressione di scarso controllo attentivo all’età di 18 mesi. Lo studio ha coinvolto una coorte prospettica (Growing Up in Singapore Toward Healthy Outcomes, GUSTO) comprendente donne di età pari o superiore a 18 anni ,di differente etnia (cinese, indiana, malese) e contesto socioeconomico. Il reclutamento è avvenuto al primo trimestre di gravidanza, presso due principali ospedali pubblici di Singapore, nel periodo giugno 2009 – dicembre 2010. La coorte era composta da 506 diadi madre-bambino, seguite durante tutta la gravidanza e oltre e, successivamente, invitate a completare le misure dello studio quando i bambini avevano un’età compresa tra 12 mesi e 9 anni. Le partecipanti sono state suddivise in 4 gruppi in base al reddito famigliare; il gruppo con reddito mensile più basso riceveva sussidi finanziari governativi. A Singapore, deprivazione economica ed effetti psicologici negativi sono spesso segnalati in famiglie che ricevono sussidi, con stime comprese tra il 14% e il 31% ; queste persone mostrano punteggi da severi a estremamente severi sulla scala della depressione, dell’ansia e dello stress.
Per la valutazione oggettiva dello sviluppo neuropsicologico si è utilizzato NEPSI-II, strumento che incorpora le componenti principali delle funzioni esecutive, vale a dire quelle che permettono di pianificare, organizzare, controllare e regolare il nostro comportamento in modo adattivo e finalizzato ad un obiettivo.
Lo studio ha fornito prove di
- associazione longitudinale tra tempo trascorso davanti allo schermo del bambino all’età di 12 mesi e risultati su attenzione e funzioni esecutive all’età di 9 anni. In particolare, screen time prolungati si associano a menomazioni di processi cognitivi, considerati critici per salute, risultati scolastici e futuro successo lavorativo. Lo studio non confermerebbe la causalità tra dose ed effetto: probabilmente lo screen time rappresenta una caratteristica contestuale misurabile di una famiglia o un indicatore della qualità dell’interazione genitore-figlio. Sarebbe pertanto giustificato che futuri studi clinici randomizzati possano confermare o meno l’associazione tra durata di esposizione e deficit cognitivi
- associazione positiva “dose-risposta” tra tempo trascorso davanti allo schermo e correlati EEG corticali dell’attenzione e del funzionamento esecutivo. La gradualità è rilevabile passando da 1 a più di 4 ore di screen time al giorno. La mappatura dei segnali EEG nelle regioni frontoparietali è di fondamentale importanza, in quanto rappresenta i substrati neurali coinvolti nella memoria, nell’orientamento dell’attenzione e nelle sottofunzioni di controllo esecutivo della stessa.
- potenziale valore dell’EEG durante la prima infanzia nella comprensione dei disturbi delle funzioni esecutive che si manifestano in periodi successivi. L’attenzione e le funzioni esecutive sono difficili da valutare in modo affidabile nella prima infanzia e potrebbero non essere evidenti fino a quando le richieste non aumentano, come avviene durante gli anni di scuola. Attività EEG associate ad esiti successivi possono rappresentare un mezzo per identificare rischi e facilitare interventi precoci. Poiché le funzioni esecutive si sviluppano in concomitanza con la corteccia prefrontale e sono abilità altamente allenabili, potrebbero essere presi in considerazione interventi durante questo periodo di neuroplasticità e prima che i circuiti neuronali si stabilizzino. In tale contesto gli autori identificano una reale utilità clinica di test elettrofisiologici, in quanto in grado di identificare relazioni cervello- comportamento in funzione dello screen time.
In conclusione, lo studio sottolinea l’associazione tra tempo che il bambino trascorre davanti allo schermo e attività corticale e funzione cognitiva. L’uso dello schermo potrebbe essere un indicatore dell’impoverimento cognitivo dovuto allo spostamento di interazioni sociali nella vita reale, interazioni considerate necessarie per facilitare lo sviluppo delle funzioni esecutive. Caregiving sensibile e interazioni reciproche madre – bambino rimangono cruciali nella regolazione della fisiologia del bambino e nella costruzione di competenze cognitive, sociali e affettive. Gli autori evidenziano, inoltre, come l’eccessivo uso dei media prima dei due anni si associ ad un’attività EEG corticale alterata, e che vi sia un’associazione tra screen time e funzioni esecutive. Tali risultati possono avere importanti implicazioni in tema di salute pubblica a livello di popolazione. Ulteriori studi sono tuttavia necessari per distinguere quanto incidano sulle funzioni esecutive sia fattori famigliari che l’uso precoce dello schermo.
Riferimenti
Takahashi I et al. Screen Time Exposure at Age 1 Year and Developmental Delay at Ages 2 and 4 Years. JAMA Pediatr. 2023;177(10):1039-1046. doi: 10.1001/jamapediatrics.2023.3057. https://jamanetwork.com/journals/jamapediatrics/fullarticle/2808593
Cardillo R, Mammarella IC. L’utilità della NEPSY-II per la valutazione neuropsicologica nella psicopatologia dello sviluppo. https://www.airipa.it/wp-content/uploads/2013/12/Cardillo_Mammarella2015-1.pdf
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