Durante la pandemia da SARS-CoV-2 l’attenzione si è focalizzata sul numero di infezioni, di ricoveri ospedalieri e di decessi. Si è rivolto minor interesse alla quantificazione del rischio di manifestare sintomi dopo la fase acuta della malattia. Nell’ottobre 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato la definizione di “caso” relativamente alla condizione clinica conseguente all’infezione: si parla di Long Covid quando i sintomi si manifestano entro 3 mesi dall’infezione da SARS-CoV-2, hanno una durata minima di 2 mesi e non possono essere spiegati da diagnosi alternative.
Sindromi da stanchezza post-infezione sono state descritte per altri virus e batteri, tra cui il virus Ebola, il virus Epstein-Barr e il citomegalovirus. Si è ipotizzato che la causa possa risiedere nella presenza di infiammazione di “basso grado”; la patologia rimane tuttavia in gran parte sconosciuta, e i trattamenti si basano principalmente sul sollievo da sintomi. Le conseguenze per le persone colpite sono però importanti, tanto che in alcuni Paesi sono sorte cliniche specializzate al fine di far fronte ad un crescente bisogno di cure riabilitative.
Revisioni sistematiche di studi sul follow-up di soggetti colpiti dalla malattia hanno evidenziato che, nel lungo periodo, si possono manifestare 84 differenti sintomi; tra questi, i più comuni sono mancanza di respiro, astenia, disturbi del sonno o insonnia. In genere sono riportati sintomi individuali o il loro conteggio, mentre meno frequentemente si fa riferimento alla loro gravità, sovrapposizione e durata.
Una ricerca condotta nell’ambito di Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study ha voluto stimare la proporzione di soggetti d’ambo i sessi con infezione da SARS-CoV-2, che ha presentato sintomi di Long COVID. Utilizzando il metodo statistico di meta-regressione bayesiana, gli autori hanno analizzato 54 studi e 2 database di cartelle cliniche relativi a 1,2 milioni di individui (provenienti da 22 Paesi) con infezione sintomatica da SARS-CoV-2. Dei 54 studi, 44 sono stati pubblicati e 10 erano coorti di collaborazione condotti in differenti Paesi (Austria, Isole Faroe, Germania, Iran, Italia, Paesi Bassi, Russia, Svezia, Svizzera e Stati Uniti). Attraverso l’analisi dei dati si è ricercata l’occorrenza di 3 cluster di sintomi correlabili a Long COVID: 1) stanchezza persistente con dolore fisico o sbalzi d’umore; 2) problemi cognitivi; 3) problemi respiratori persistenti. Inoltre, sono state effettuate stime della proporzione di individui che dopo COVID-19 ha presentato almeno 1 dei 3 gruppi di sintomi, 3 mesi dopo l’infezione. Lo studio ha riguardato il periodo marzo 2020 – gennaio 2022.
Le stime modellate hanno evidenziato che
- Il 6,25 degli individui con pregressa infezione da SARS-CoV-2 manifesta almeno 1 dei 3 cluster di sintomi Long COVID, così suddivisi: 3,2%, stanchezza persistente con dolore fisico o sbalzi d’umore; 3,7%, problemi respiratori; 2,2, problemi cognitivi
- La proporzione stimata di individui con almeno 1 su 3 cluster di sintomi Long COVID è maggiore tra i soggetti ricoverati in terapia intensiva (43%) rispetto a quelli in reparti di degenza (27,5%) o non ospedalizzati (5,7%)
- Il 63% dei soggetti con Long COVID è di sesso femminile
- Tra gli individui ospedalizzati, la stima sulla persistenza di sintomi Long COVID risulta di 9 mesi, tra i non ospedalizzati 4 mesi
- Nel 38% dei casi di Long COVID, si sovrappongono 2 o 3 cluster di sintomi
- La stima del rischio di Long COVID a 3 mesi risulta minore in soggetti con infezione sintomatica non ospedalizzati e in soggetti di età inferiore a 20 anni, rispetto a quelli di età superiore
- Si stima che nel 15,1% dei soggetti che hanno sviluppato Long COVID, e che manifestano sintomi persistenti dopo 3 mesi, la durata possa arrivare a 12 mesi.
Quale può essere l’interesse di tale ricerca?
La sindrome d’astenia cronica post-infezione è stata segnalata nel 1918 dopo la pandemia di influenza A(H1N1), nel 2003 dopo SARS-CoV-1 e nel 2014 dopo l’epidemia di Ebola in Africa occidentale. Quadri clinici simili sono stati segnalati dopo altre infezioni virali, tra cui la mononucleosi infettiva. Ad oggi non è ancora chiaro quale possa essere la reale durata dei sintomi Long COVID, in quanto le recenti ricerche comprendono un follow up che arriva a dodici mesi; il vero modello sulla persistenza nel lungo termine sarà rivelato solo da studi di maggiore durata.
Quantificare il numero di individui con Long COVID può aiutare i responsabili politici a garantire accesso adeguato a Servizi che aiutino ad arrivare a guarigione e al conseguente rientro al posto di lavoro o a scuola, e a ripristinare salute mentale e vita sociale. Già oggi, con i dati a disposizione, si è giunti a raccomandazioni mirate a fornire supporto riabilitativo a livello comunitario e a Servizi Sanitari specialistici per chi abbia problemi più gravi e protratti nel tempo. Non ultimo, il gran numero di individui con Long COVID può fornire approfondimenti su caratteristiche fenotipiche e genotipiche che portino a conseguenti trattamenti di sindromi patologiche post acute, sia di tipo infettivo che non infettivo, osservate in soggetti con precedente ricovero in terapia intensiva.
Riferimenti
Global Burden of Disease Long COVID Collaborators. Estimated Global Proportions of Individuals With Persistent Fatigue, Cognitive, and Respiratory Symptom Clusters Following Symptomatic COVID-19 in 2020 and 2021. JAMA. October 10, 2022. doi:10.1001/jama.2022.18931. https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2797443